Vi siete mai chiesti chi ha inventato il caffè? La storia di una delle bevande più amate e consumate al mondo, che ha ispirato poeti, musicisti, artisti e con il suo profumo segna l’inizio di una nuova giornata, affonda le radici nella notte dei tempi e si mescola alla leggenda.

Chi ha inventato il caffè? Un racconto lungo secoli

Il viaggio alla scoperta delle origini del caffè comincia a cavallo tra il IX e X secolo e parte dalla provincia di Kaffa (o Kefa), situata nel sudovest dell’Etiopia, attorno a Gimma, patria dell’albero di caffè che appartiene al genere di piante conosciuto con il nome di Coffea.

Gli studiosi pensano che siano stati gli antenati etiopi del gruppo degli Oromo i primi a scoprire l’effetto energizzante della pianta di caffè che cresceva spontanea nei territori abitati dall’antica popolazione. Va però ricordato che non esiste alcuna prova in grado di indicare con precisione la zona dell’Africa in cui la pianta è nata, mentre l’impianto del caffè domestico originale potrebbe essere avvenuto ad Harar.

Sembra che gli Oromo avessero l’abitudine di triturare i frutti del caffè e mescolarli con del grasso che lavoravano fino a formare degli snack energetici di forma rotonda, simili a delle palline da golf, da consumare durante l’attività di pastorizia o i lunghi spostamenti.

Le tribù indigene utilizzavano anche le foglie secche, cadute spontaneamente dall’albero, per la preparazione di un infuso chiamato kuti. Inoltre, in occasione di eventi particolari, come matrimoni e nascite, si celebrava un tipo di cerimonia chiamata buna-qalma in cui i chicchi di caffè venivano tostati e mischiati con burro, zucchero o miele prima di essere serviti agli invitati.

Chi ha inventato il caffè? Dal Medio Oriente alla conquista del mondo

Nel corso del Medioevo, la pianta del caffè fu introdotta in Yemen e qui coltivata ed esportata dal porto della città di Moca o Mokhā da cui deriva il nome dell’omonima macchina per il caffè ideata da Alfonso Bialetti nel 1933. 

La diffusione del caffè dallo Yemen verso Nord, fino alla Mecca, a Medina e alle grandi città del Cairo, Damasco, Baghdad e Istanbul, è descritta dallo storico Abd al-Qadir al-Jazir, autore dell’opera Umdat al safwa fi collina al-qahwa, datata 1587, che alla fine del XVII secolo sarà tradotta dall’orientalista e archeologo francese Antoine Galland con il titolo De l’origine et du progrès du café.

Nel suo manoscritto, Al-Jaziri non solo traccia la storia del caffè ma racconta anche le controversie legali e religiose legate alla celebre bevanda. Nel 1414, il caffè raggiunse la Mecca e agli inizi del 1500 era consumato anche nel Sultanato mamellucco, che regnò sull’Egitto dalla metà del XIII secolo ai primi anni del XVI, e nel Nordafrica. 

Associato al Sufismo, ovvero la dimensione mistica dell’Islam, la diffusione del caffè favorì la nascita di numerose “case del caffè” che aprirono al Cairo, tutt’attorno all’Università al-Azhar, e in Siria, soprattutto nella città cosmopolita di Aleppo. Kiva Han, invece, è il nome della prima caffetteria inaugurata nel 1475 ad Istanbul.

Il caffè, quindi, era consumato in tutto il mondo arabo ma nel 1511 l’effetto stimolante della bevanda spinse gli imam conservatori e ortodossi a vietare la bevanda dopo un concilio teologico svoltosi presso la Mecca. Il divieto fu cancellato pochi anni più tardi, nel 1524, per volere del sultano Solimano I, detto il Magnifico, che attraverso la fatwā del Gran Mufti consentì il consumo della bevanda tra la popolazione. 

Nel XVI secolo, il caffè aveva raggiunto il resto del Medio Oriente, la Persia dei Safavidi e l’Impero ottomano prima di conquistare la penisola italiana e il resto d’Europa. In seguito, le piante di caffè saranno trasportate dagli olandesi nelle Indie orientali olandesi e nelle Americhe.

Chi ha inventato il caffè? Le origini tra mito e realtà

Esistono diverse leggende sulla nascita del caffè e la più conosciuta è quella citata da Antonio Fausto Naironi, professore di teologia alla Sorbona, nel suo trattato De Saluberrima potione nel 1671.

Nella sua opera Naironi racconta che, intorno all’800 d.C., un pastore abissino di nome Kaldi Kaddi era solito portare a pascolare il suo gregge nei pressi della città yemenita di Moka. Una notte le capre, anziché dormire, cominciarono a muoversi con un’energia e una vivacità mai mostrate prima e il pastore, preoccupato dallo strano fenomeno, informò il priore del monastero di Cheodet, l’abate Yahia a cui raccontò di aver visto gli animali brucare i frutti rossi di un grosso cespuglio che cresceva nella zona.

L’abate, poiché temeva che il comportamento delle capre fosse opera del diavolo, gettò i frutti raccolti dal pastore nel fuoco ma le bacche, una volta abbrustolite, cominciarono ad emanare un intenso e piacevole aroma. Incuriositi, i due uomini cercarono di recuperare le bacche annerite dal fuoco mettendole in infusione nell’acqua: fu così che nacque il caffè che il priore decise di somministrare ai dervisci del convento così da rinvigorirli e permettergli di pregare tutta la notte senza addormentarsi. 

Per il suo effetto eccitante, simile alla reazione prodotta dal vino, l’infuso fu chiamata kahwa, una parola araba che originariamente si riferiva proprio a un tipo di vino e a sua volta deriva dal verbo qahā, ovvero “mancanza di fame” in riferimento all’azione anoressizzante della bevanda.

Un’altra leggenda, tramandata solo oralmente e che si diffuse verso la fine del VI secolo d.C., racconta che il caffè fu preparato da Allah in 

persona che, tramite l’arcangelo Gabriele, la inviò a Maometto per tenerlo sveglio durante una notte di battaglia contro gli infedeli. La misteriosa e rinvigorente pozione, scura come la Sacra Pietra della Mecca (Qawa) e dal forte sapore, permise al profeta di “disarcionare quaranta cavalieri e soddisfare altrettante vergini in un solo giorno”.

Infine, una terza storia ha come protagonista il monaco Alì Bin Omer, un saggio asceta yemenita che dedicò la sua intera esistenza alla preghiera e allo sviluppo di una spiritualità quanto più vicina possibile ad Allah. Un giorno, dopo aver raccolto erbe e bacche, l’uomo decise di utilizzare i frutti del caffè per preparare un decotto che si rivelò ricco di proprietà medicinali. Grazie all’aromatica bevanda, infatti, Alì Bin Omer riuscì a curare i fedeli che erano affetti da malattie della pelle e si recavano in pellegrinaggio alla Mecca alla ricerca di un rimedio. A partire da quel momento, l’uomo venne considerato il santo protettore dei coltivatori e dei bevitori di caffè ma anche dei proprietari delle “case di caffè”.