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Quando parliamo di impronta ecologica ci riferiamo all’impatto ambientale di un determinato fenomeno o comportamento. In sostanza, questo concetto valuta il dispendio di risorse naturali dato da un’azione particolare, e lo mette a confronto con la capacità della Terra di rigenerarle. Cos’è l’impronta ecologica, come si calcola e in che modo il caffè ha attinenza con la tematica in questione?
Ecco cos’è l’impronta ecologica
Il termine impronta ecologica è stato introdotto agli inizi degli anni Novanta da William Rees e Mathis Wackernagel, due scienziati che successivamente hanno approfondito l’argomento nel loro libro del 1996 “Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth”. Si tratta di un indicatore che stima la quantità di risorse naturali che noi esseri umani utilizziamo per soddisfare i nostri bisogni. Tra questi:
- La produzione di beni e servizi che utilizziamo
- L’assorbimento delle emissioni prodotte da questi processi
- Lo smaltimento dei rifiuti che derivano dallo stile di vita che portiamo avanti
L’impronta ecologica misura in ettari le aree biologiche produttive del pianeta Terra che servono per rigenerare le risorse consumate da noi esseri umani.
Calcolo impronta ecologica: come funziona
Per quanto concerne il calcolo impronta ecologica, esso si effettua mettendo a confronto le risorse naturali consumate da ogni singolo individuo con lo spazio che egli occupa. Il rapporto si esprime in chilogrammi per ettari, ovvero kg/ha. Stando ad alcuni studi, ogni essere umano ha a disposizione 1,7 ettari di Terra: da questa porzione è possibile ottenere le proprie risorse, ma anche riversare i propri rifiuti.
Se superiamo questo valore di riferimento, significa che il nostro stile di vita è semplicemente insostenibile. E da qui possiamo trarre le prime conclusioni: l’impronta ecologica mondiale attualmente supera la capacità bioproduttiva della Terra. In sintesi, i nostri consumi di risorse sono superiori a quante riesce a generarne il Pianeta. E sono anche più veloci.
Ciò mette a rischio la disponibilità futura di risorse in grado di soddisfare i nostri bisogni e quelli delle prossime generazioni.
L’impronta ecologica in relazione al consumo di caffè
Un interessante articolo dell’Accademia dei Georgofili ha ben delineato l’impronta ecologica del caffè, che cambia decisamente a seconda della modalità di preparazione dello stesso. I dati sono del 2019, ma possiamo tenerli come riferimento statistico attuale, anche se alcuni trend sono sicuramente da aggiornare. In quell’anno il consumo in Italia di caffè tostato e macinato è stato di circa 304mila tonnellate.
Di queste, l’84% di caffè è stato usato per preparare la bevanda in casa, uffici, alberghi, ristoranti, catering e distributori automatici. Anche altri dati sono significativi: il caffè tostato e macinato copre circa il 90% dei consumi, ed è confezionato per la maggior parte in buste flessibili in poliaccoppiato (84,5%), seguite da lattine in acciaio (7,5%) e capsule o cialde monodose (5%).
Ed è proprio quest’ultima percentuale che andrebbe rivista con nuovi dati, dal momento che con la pandemia il consumo di caffè monodose è aumentato parecchio. Ma già nel 2019 il trend era in crescita: dal 2016, la richiesta di capsule in alluminio risultava aumentata del +11%. L’impronta ecologica del caffè preparato con la moka e di quello ottenuto da cialde e capsule è molto diversa, quando si parla di emissioni di gas ad effetto serra.
La conclusione è che il caffè preparato con la moka ad induzione è nettamente più eco-sostenibile di quello fatto con cialde e capsule. E questo per tre motivi:
- Il consumo di energia elettrica per una tazza di caffè da 40 ml preparata con la moka è pari a 6,8 Wh contro i 12 Wh consumati dalla macchina per caffè in cialde e gli 8,5 Wh da quelle per le capsule
- La quantità di imballaggi, ovvero carta, plastica e alluminio, da smaltire per una singola tazza di caffè è pari ad appena 0,5 g nel caso del caffè macinato per moka in buste di poliaccoppiato da 250g contro i 6,4 g con riferimento al caffè in cialde e 3 g per quanto riguarda le capsule
- L’impronta del carbonio, che in una tazza di caffè prodotto con la mola è pari a 48 g CO2e, contro i 76 g CO2e nel caso del caffè in cialde e di 61 g CO2e con riferimento alle capsule
Dunque, a livello di sostenibilità ambientale, cialde e capsule moltiplicano la quantità di rifiuti di imballaggi post-consumo. Ed è per questo motivo che il loro utilizzo andrebbe perlomeno rivisto. Soprattutto, la moka non andrebbe affatto messa in cantina, dal momento che rappresenta un’alternativa sicuramente più sostenibile rispetto alle macchine del caffè in capsule e cialde.
Impronta ecologica del caffè: meglio prediligere le cialde compostabili
Al netto del discorso fatto, l’uso di cialde e capsule ormai è ampiamente maggioritario in buona parte dello Stivale. Il caffè monodose è si più impattante a livello ambientale, ma se le cialde compostabili sono sicuramente una scelta più consapevole. Inquinano meno rispetto alle altre cialde e alle capsule, dal momento che i materiali di cui sono fatte possono essere conferiti nel bidone dell’umido.
Si tratta di un prodotto realizzato con materiali che, a seguito della degradazione naturale o industriale, possono essere utilizzati per creare del compost utile a concimare e fertilizzare. Un prodotto compostabile si disintegra nel giro di tre mesi.